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Amare, capire, educare il proprio gatto
di JOËL DEHASS

 

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Nessun altro animale vive tra noi, nelle nostre case, più del gatto. Eppure c’è ancora tanta curiosità riguardo al suo comportamento, alle sue abitudini.

All’apparenza refrattario a qualsiasi tipo di regola, in realtà anche il gatto può essere «educato», si può fare in modo, cioè, che tra noi e lui si instauri un rapporto pieno, di reciproco rispetto.

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In queste pagine dedicate all’animale domestico più diffuso in Europa, Joël Dehasse, veterinario specializzato nello studio del loro comportamento, ci fornisce diverse preziose chiavi di lettura per meglio comprendere l’indole dei nostri amici a quattro zampe, e lo fa con semplicità e chiarezza, mettendo davvero la sua competenza al nostro servizio.

Attraverso le tappe graduali, di un percorso in cui l’uomo e l’animale imparano a conoscersi e ad accettarsi senza prevaricazioni si può far sì che il nostro gatto ci consideri un amico e un punto di riferimento e non solo una presenza abitudinaria.
A questo scopo occorre capire bene il suo «linguaggio», i suoi ritmi, perché solo così potremo comprenderne le esigenze e insegnargli le nostre regole più semplici.

Il libro ci insegna a rendere ancora più confortevole l’esistenza del micio entrato a far parte della nostra famiglia, senza pretendere da lui una ridicola sudditanza, ma riconoscendo invece la sua natura, i suoi istinti, i suoi rituali.

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Educare un gatto, sostiene Dehasse, significa permettergli di vivere una vita da gatto in un ambiente di esseri umani, per essere felici in due.

L’autore
Joël Dehasse, è un veterinario, specializzato nel comportamento degli animali domestici. Conferenziere internazionale, è animatore di un gruppo di ricerca sul mondo degli animali e autore di altri libri (Il cane aggressivo, Chats hors du commun) e di numerosi articoli.

Indice

     
  7    Introduzione

      13    Le rappresentazioni
      17    La comunicazione
      29    Le organizzazioni sociali
      41    L’aggressività
      49    Tra gatti
      57    Una questione di ritmi
      61    Scegliere un gatto
      71    Imparare da piccoli
      75    Crescere forti e saggi
      85    Imparare giocando
      93    Pedagogia dell’educatore
      97    I grandi principi educativi
    101    Le tecniche educative
    107    Consigli per un gatto pulito
    113    Il rispetto dell’habitat
    119    Il rispetto delle persone
    125    Il rispetto degli uccelli
    131    Un gatto in appartamento
    139    Un gatto al guinzaglio
    143    «Seduto, accucciato, vieni qui!»
    151    I problemi dei gatti
    155    La gattamorta

   157    Bibliografia commentata
 

Introduzione

Si educa un gatto?

Siete scettici?
La mamma gatta educa i suoi gattini. Non pensate di poter fare altrettanto? Vorreste vivere con un gatto «sereno», pulito, affettuoso ma pur sempre un vero felino?
Se desiderate le istruzioni per l’uso del gatto, eccole.

A cosa serve educare un gatto?

Ho scritto questo libro per facilitarvi la vita con il vostro gatto. Se sperate di trovare in questo manuale metodi sofisticati, complicati o complessi per crescere un gatto da circo, è meglio che non lo acquistiate.
Questo è, invece, il manuale del perfetto gatto domestico.
Educare un gatto significa permettergli di vivere una vita da gatto in un ambiente di esseri umani, in armonia e rispetto tra specie diverse.
Educare per convivere e interagire.
Educare per essere felici in due: un gatto felice e un uomo felice!
Comprendere il gatto è facile.
Pensavate il contrario?
Pensavate che fosse impossibile educare un gatto?
Siete stati indotti in errore.
Comprendere ed educare un gatto è semplice. È alla portata di tutti. Bisogna soltanto sapere come fare, e io vi svelerò tutti i «segreti»!

A chi serve questo libro?

A voi.
Vi state affacciando per la prima volta sul mondo dei gatti?
Oppure, avete gatti sin dalla vostra infanzia, il gatto non ha più segreti per voi eppure vi morde le caviglie e non vi fa dormire la notte?
O ancora, siete veterinari?
Dimentico qualcuno?
Ho scritto questa guida per voi; per mettervi a disposizione delle tecniche, per fornivi un manuale che aiuti chi possiede un gatto, per consigliare i vostri clienti.
Leggete questo libro ancor prima di avere un gatto! Nell’ambito del comportamento, il migliore educatore  è colui che riesce a evitare i problemi e per fare questo è necessario prevedere ciò che farà il gatto. Bisogna, quindi, conoscerlo intimamente.
Come nell’apprendimento di una lingua straniera, bisogna immergersi nella lingua, nella cultura, nelle espressioni idiomatiche.

È vietato fallire

Questa guida non consente il fallimento. È impossibile sbagliare nell’educazione del proprio gatto seguendo le tecniche descritte qui di seguito. Se non dovesse funzionare è meglio consultare un veterinario comportamentista, è possibile che il gatto abbia un problema.

Una chiave per leggere il libro

Vi consiglio una prima lettura di questo libro seguendo l’ordine dei capitoli. In seguito, a una seconda lettura, scegliete l’argomento che preferite e svisceratelo. Leggete e sperimentate. L’indice analitico vi permette di ritrovare agevolmente gli argomenti per una lettura approfondita.

Al di là dei luoghi comuni

Adoro un gatto che si diverte.
Mi piacciono i proprietari che sono contenti.
Se non avete voglia di divertirvi in compagnia di un gatto, o meglio di più gatti, questa guida non fa per voi.

Il gatto è adatto alla vita in appartamento?

È una domanda seria. Piccolo, di facile ed economico mantenimento, indipendente, poco gerarchizzato, il gatto è l’animale da compagnia ideale e, probabilmente, il nostro futuro compagno.
Come partner sociale principale prima o poi spodesterà il cane, se non è già successo. Se gli allevatori dovessero creare un gatto d’appartamento, i suoi genitori dovrebbero avere queste caratteristiche:
• comportamenti di caccia limitati, atrofizzati;
• tolleranza al contatto fisico e alla manipolazione;
• tolleranza alla vita in uno spazio compreso tra i cinquanta e i cento metri quadrati (spazio vitale limitato);
• domesticazione e socievolezza accresciute; ricerca del contatto sociale con l’essere umano;
• comportamenti di marcatura familiare (strofinamenti) rilevanti;
• marcatura d’eccitazione (urinaria) inesistente;
• marcatura di presenza (per mezzo di unghiate) inesistente;
• basso livello di eccitabilità emotiva;
• presenza di comportamenti di gioco (per attivare l’attenzione e l’ammirazione dei proprietari) ecc.
Ma un gatto che presentasse tutte queste caratteristiche sarebbe ancora un gatto?
È certo che il gatto d’appartamento non può essere il piccolo felino selvatico dei nostri focolari; deve essere una sua versione asettica, e questo è possibile. Aspettando che gli allevatori ci programmino questo piccolo gioiello, possiamo selezionare il gatto ideale!

Il rispetto dell’habitat

È ragionevole far entrare un gatto in una casa o in un appartamento? È una domanda che evidentemente i nostri antenati non si sono fatti! Il gatto si è imposto nei magazzini di cereali per sostituire i mustelidi o i serpenti utilizzati sino ad allora contro i roditori.
Che il gatto viva in natura, in una fattoria, in una casa di città o in un appartamento, non è che lui che deve adattarsi all’ambiente, ma è l’habitat che deve essere adatto a lui. Sì ma… il gatto gratta, gioca con gli oggetti, mangia alcune piante e scava la terra. Lo lascereste sempre fare?

Le unghiate

Abbiamo visto che le unghiate sono marchi di presenza (e d’isolamento), lasciati vicino ai luoghi di riposo e di passaggio. La graffiata ha una triplice valenza:
1) facilita lo stiracchiamento del gatto;
2) lascia una marcatura visibile;
3) lascia una marcatura odorosa, un feromone.
Stiracchiarsi, fare dello stretching, è una passione per il gatto. Si stira fino a terra, piantando le unghie nel tappeto o nel rivestimento di una sedia o di una poltrona, distendendo prima una zampa e poi l’altra. I danni prodotti non sono gravi, ma talvolta un lembo di tappeto si lacera.
Il gatto si stira anche contro un muro e il piede di un mobile, ma in questo caso le unghie delle zampe anteriori vengono conficcate nell’oggetto e lo rovinano. Lo scopo non è tanto quello di stirarsi, né di «farsi le unghie», quanto di depositare un marchio verticale su un supporto ben visibile. Il marchio, una volta impresso, è indelebile! E nonostante questo viene regolarmente rinnovato. È inaccettabile e indesiderabile dover dire addio a tappezzeria a righe, poltrone di velluto e tutto il resto!
Riflettiamo bene prima di commettere l’irreparabile mutilando il gatto con l’asportazione delle unghie!
Se un giorno il gatto avesse accesso a un giardino e dovesse sfuggire a un cane «ammazzagatti», come farebbe ad arrampicarsi su un albero?
È chiaro che bisogna cercare di trovare una soluzione, insegnando al gatto a non graffiare la mobilia! Esistono dei grattatoi per gatto. Un grattatoio verticale è più efficace di un grattatoio orizzontale posato sul pavimento. Un grosso ceppo di mezzo metro d’altezza, poggiato contro il muro e ben fermo, è di certo più interessante della carta da parati. Ovviamente non bisogna nasconderlo, visto che il marchio visivo viene lasciato in un punto ben visibile. L’ideale è il legno d’ulivo, ma se non c’è, va bene qualsiasi altro legno. Conservate qualche nocciolo d’oliva e strofinatelo sul grattatoio improvvisato, ne aumenterà considerevolmente l’interesse del vostro felino.
Nonostante il nostro gatto possieda il suo grattatoio, è comunque possibile che vada a graffiare altrove. Sorvegliate il diavoletto. Al più piccolo tentativo di graffiata fuori luogo, punitelo utilizzando una delle correzioni proposte. Attenzione! È necessario precisare che se volete che il vostro gatto impari a comportarsi adeguatamente in ogni circostanza, sia in vostra presenza sia in vostra assenza, non deve vedervi mentre lo punite. Non dite niente, uno spruzzo d’acqua è sufficiente. Non guardatelo negli occhi, giratevi. Fate come se non aveste fatto niente! È quello che chiamo la punizione a distanza, la telepunizione!
Non possedete una pistola ad acqua o un vaporizzatore? Tirate un mazzo di chiavi o una scarpa vicino al gatto, non addosso al gatto. Non vogliamo fargli male, ma soltanto sorprenderlo, distrarlo.
Se non siete sempre presenti per sorvegliare il vostro gatto e lui ha già fatto dei danni in vostra assenza, bisogna che l’oggetto graffiato sia esso stesso una punizione, che reagisca contro il gatto! Quale «trucco» usare?
• Camuffate la graffiatura con un tessuto liscio, in modo che il gatto non sia stimolato a tornare a graffiarlo;
• prendete una trappola per topi, togliete il gancio, tirate la molla, girate la trappola e posatela per terra vicino al punto graffiato;
• usate diverse trappole da posizionare in punti strategici.
Quando il gatto si avvicina al posto così sistemato, rischia di toccare una delle trappole, che si capovolgerà all’improvviso davanti a lui e lo sorprenderà. Il gatto eviterà la zona così difesa e andrà a graffiare altrove. Ovviamente va messo a sua disposizione, bene in vista, un grattoio adeguato. Infatti, punire non insegna nuovi comportamenti, e in mancanza di un adeguato supporto da graffiare, il gatto si rimetterà a raschiare quello che considererà un giusto supporto.

Il rispetto degli oggetti

Dall’età di quattro settimane, il gattino gioca con gli oggetti nello stesso modo in cui l’adulto si comporta con le prede. Al momento dello svezzamento, intorno alle sette o otto settimane, il gioco con gli oggetti si intensifica. È un segnale di distacco dalla madre e di inserimento in un proprio ambiente: il cucciolo diventa grande!
A questa tenera età, egli è nel pieno del periodo di massima ricettività per l’apprendimento e anche la scelta degli oggetti è sottoposta a criteri di preferenza, di condizionamento. Forniamo ai gattini degli oggetti appropriati, specifici e non pericolosi. Un oggetto adeguato è quello di piccola taglia, mobile o facile da trasportare con la bocca. È considerato innocuo se i suoi componenti non possono essere ingeriti. In sostanza, quello che serve è un’esca, qualcosa che sembri un topo o una zampa di coniglio, che possa anche emettere dei suoni. Questi oggetti sono disponibili in commercio.
Sin dall’inizio bisogna proibire al gatto di usare oggetti inadeguati (oggetti preziosi o di valore affettivo, statuette ecc.) e attivare il gioco muovendone uno di specifico.

La scalata dei mobili

Il gatto è un arrampicatore nato. Egli vive in un mondo a tre dimensioni e non si accontenta di camminare a terra, ma esplora tutti i livelli, tutte le superfici accessibili, aumentando così la dimensione del suo spazio vitale.
Forse avete una collezione di oggetti preziosi su un ripiano, di piccole civette che arrivano da varie parti del mondo, di piccole anatre multicolori… Attenzione perché il gatto non possiede la nozione di ciò che è prezioso. Con un balzo sarà sul ripiano e farà cadere i pezzi della vostra collezione. Meglio prevenire che curare!
Impeditegli di salire sui mobili. Il posto del gatto non è né a tavola, né sugli armadi, né sui ripiani. Riservategli un angolo, un piccolo nido, in altezza, da qualche parte in un posto che gli sia permesso, ad esempio sopra il suo grattatoio, e proibitegli l’accesso ai punti sconvenienti usando le punizioni quali lo spruzzo d’acqua, le trappole ecc.

Il rispetto delle persone

L’essere umano è un territorio

Precedentemente ho scritto che «il gatto considera l’uomo un suo territorio». L’uomo tuttavia è anche un suo simile, con il quale il gattino adotta diversi comportamenti, che in alcuni casi possono essere fastidiosi e in altri causare piccoli incidenti:
• l’utilizzazione dell’essere umano come albero;
• il gioco della lotta con le mani;
• il comportamento della caccia con le caviglie.

L’uomo-albero

Un albero, per un gattino, è fatto per arrampicarvisi e un ramo è fatto per saltarvi sopra. L’essere umano è piantato su due supporti verticali: un albero munito di due tronchi, arrampicarsi sul quale è un vero piacere. Così il gattino fa un salto, con le zampe anteriori si aggrappa alla tela spessa che riveste le gambe, in appoggio su quelle posteriori libera le prime e sale. In pochi movimenti il gattino è sulle spalle, dunque, per così dire, sul ramo principale.
Un’altra tecnica usata dal micetto consiste nel salire su un mobile e saltare con un balzo sulle spalle della persona, e per evitare la perdita dell’equilibrio pianta per bene le unghie in modo da assicurare la presa. È così divertente!
I proprietari si divertono con questi giochi, e non pensano che il gattino diventerà grande e che un pacchetto di muscoli di quattro chili che atterra sulla spalla, con tutte le unghie fuori, farà stringere i denti o urlare di dolore. Non hanno pensato che al posto della spessa tela di un jeans potrà esserci una sottile calza di nylon, se non addirittura della pelle nuda. Sfortunatamente né la calza né la pelle hanno la resistenza della corteccia e quindi le unghie vi si piantano e… il gatto non capisce perché il gioco non li diverte più. Quindi, non lasciate che il vostro gattino faccia cose che gli rifiuterete in seguito! In materia di educazione, la prevenzione è la nostra arma migliore.
Il cucciolo ricerca il contatto con il nostro viso perché il marchio familiare si fa anche muso contro faccia, naso contro mento, sfregandosi e impregnandosi del reciproco odore. L’attrazione per il viso dell’uomo è una cosa normale per il gattino. Evitiamo che sia lui a venire da noi e andiamo noi da lui: accovacciamoci per accoglierlo e rifiutiamo che salga sulle nostre spalle.

La caccia all’uomo

La caccia è un comportamento innato. Consiste in una serie di piccole sequenze di movimenti che si combinano e si intrecciano, si attivano l’uno con l’altro per finire, talvolta, con la cattura della preda. Il gatto non caccia per mangiare, ma caccia per cacciare. Il comportamento potenzia se stesso, si autovalorizza spontaneamente: la caccia ricompensa la caccia.
Quando non c’è una preda, la caccia scatta per tutto quello che le assomiglia, anche per un’esca. Una buona esca da selvaggina si muove, sussulta o si agita furtivamente, ed è di solito di piccole dimensioni. Nel nostro caso, una buona esca è un topo in peluche, una zampa di coniglio o, in mancanza d’altro, la caviglia della proprietaria. La caviglia si muove, saltella di qua e di là, ed è talvolta l’unica cosa che si muove in un appartamento monotono. Inoltre si trova a pochi centimetri dal pavimento, l’altezza ideale per una preda facile.
Il gatto spia la caviglia, la segue con gli occhi, fa un balzo, la graffia, la morde e scappa perché l’oggetto urla, si agita e salta. Il gatto si sente ricompensato, e ricomincerà più spesso e con più forza. Il suo piacere viene condizionato velocemente a questa esca disponibile, sempre presente e in movimento. Attenzione alle vostre caviglie, proprietari di un gatto d’appartamento!

Le crisi di iperattività

Il gatto che esce in giardino sceglie altre esche: una foglia che svolazza, un ciuffo d’erba agitato dal vento; per lui la caviglia è un richiamo meno stimolante.
In mancanza di un’esca, il comportamento della caccia, l’appostamento, l’assalto, l’inseguimento, il salto e tutte le altre sequenze della predazione si manifestano spontaneamente, a vuoto, senza un elemento scatenante; preferibilmente al mattino presto o alla sera. Il gatto è un cacciatore dell’aurora e del crepuscolo, per cui l’intensificarsi della luminosità e la sua diminuzione sono per lui dei fattori di veglia: è l’ora! L’ora della crisi del gatto d’appartamento.
Il gatto si alza, le sue pupille si dilatano e il suo pelo si rizza, sussultando, abbassandosi e raddrizzandosi con effetto ondivago; è il cosiddetto fenomeno del rolling skin.
Il gatto diventa ipersensibile e non sopporta il minimo rumore; si eccita sempre di più: salta, corre, si lancia contro i muri, rimbalza come una palla, attraversa il salotto, la sala da pranzo, la cucina, si lancia contro la finestra, e per fortuna questa è chiusa. Il gatto corre ovunque.
La crisi dura qualche minuto, poi si tranquillizza, sfinito. La sua sensibilità si attenua e torna alla normalità. Si liscia il pelo e chiede di mangiare. La crisi è passata.
Il verificarsi occasionale di queste crisi è normale in un gatto che vive in un ambiente in cui non si muove niente. Ma se sono frequenti indicano che l’animale non sta bene, ed è opportuno consultare il veterinario.

I disturbi comportamentali

Quando il gatto presenta gli atteggiamenti di cui ho parlato in questo capitolo, viene diagnosticato un disturbo del comportamento. Ma non è patologico, il gatto non è né malato né pazzo. È mal inserito nella società umana e lo dimostra assumendo atteggiamenti:
• distruttivi;
• aggressivi;
• iperattivi.
Il gatto non ha imparato a controllare le morsicature nei giochi di lotta, le graffiate nei giochi di boxe né quelle della marcatura visiva, le arrampicate sulle gambe, i salti sulla schiena, i morsi della caccia alle caviglie, le corse su e giù per l’appartamento.
Il gatto è un monello e non ci può fare niente: non è colpa sua. Le responsabilità sono di una cattiva educazione e di un ambiente inadeguato. Bisogna educarlo, e non è mai troppo tardi!
Se le tecniche proposte in questa guida non si rivelano efficaci, è necessario consultare un veterinario comportamentista: il gatto può soffrire di una patologia comportamentale e aver bisogno di trattamenti specifici.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

 

 

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